spaziatore
 
Edoardo Miola

 
Edoardo Miola
Le fotografie di Edoardo Miola dedicate alla notte di Bangkok ci offrono un inusuale ritratto di una dimensione che si vorrebbe ‘asiatica’ ma che in realtà potrebbe appartenere a qualsiasi megalopoli terrestre, Bangkok compresa.
Il contesto geografico, culturale è dichiarato: siamo a “Soi Cowboy”, quartiere a luci rosse nel cuore di Bangkok.
La zona prende il nome da TG "Cowboy" Edwards, un aviatore americano in pensione che, aprì uno dei primi bar nel 1977. Il soprannome "soi cowboy" nasce, perché spesso indossava un cappello da cowboy.
Le fotografie in esposizione si alternano in vedute d’insieme, particolari, interni, ritratti.
Accompagnato nel suo viaggio a BKK da due maestri internazionali Steve Mc Curry e Mike Yamashita ci dice Edoardo in merito a Mc Curry: “Quando mi si è presentata l'opportunità di seguirlo ed ascoltare le sue parole , non ho esistato a raggiungerlo a Bangkok. Con lui c'era un amico di sempre , Mike Yamashita, un vero maestro dello scatto e della composizione.”

Il percorso narrativo non è lineare, è costruito per frammenti, ed impone una progressiva accelerazione nei ritmi, che diventano quasi frenetici; le immagini generano una sorta di vortice ossessivo, incombono e diventano assordanti.
la luce, artificiale si dilata ed è protagonista assoluta. Più che una rappresentazione, le fotografie si propongono come restituzione di sollecitazioni visive e mentali esasperate.

E’ forse a questo percorso di ricerca che si può ricondurre il lavoro di Edoardo Miola.

Qui il movimento – o meglio la sua illusione - non vuole essere la registrazione del passaggio di un oggetto da uno stato a un altro; è la luce, o meglio il colore della luce artificiale, a creare questi macrosegni che inducono nello spettatore la sensazione di un passaggio, di uno spostamento.
Il movimento si genera in realtà dentro di noi, nel nostro occhio e nel nostro cervello: paradossalmente è proprio questa percezione, inesistente o quantomeno invisibile nella realtà, che viene restituita.
I colori vivissimi degli scatti, la cromaticità estrema degli stessi, esaltano in modo apparentemente paradossale, dunque vitalissimo il movimento delle persone e delle cose, fatto di attese ed accelerazioni, di pulsioni immaginate.

Considerate isolatamente, astraendole dal percorso visivo entro cui si collocano, correrebbero il rischio di estetizzazione, di pura ricerca formale: dunque è ancora una volta il contesto che ci riconduce, concretamente, dentro una situazione storicamente determinata e culturalmente connotata, di fronte alla quale ognuno è libero di porsi criticamente, vedendo nei vortici di luci colorate pure forme spettacolari o riconoscendole come esasperate espressioni di un mondo o di un’assenza; o decidendo di astenersi dall’attribuire loro alcun significato.

Il “divertimento intelligente” e’ assicurato e l’omaggio all’ “homo – ludens” particolarmente riuscito.


L’esposizione avviene in contemporanea con Palazzo Rosso Genova nel periodo 7/12/2012 al 13/12/2013.


Testi di Elisabetta Papone – Marco Riolfo

Cenni biografici:
Edoardo Miola nasce a Genova il 16 ottobre 1954.
Si laurea in Architettura nel 1979.
Si dedica alla produzione di prototipi e modelli, offrendo la sua collaborazione agli architetti e designer di maggior successo italiani e internazionali.
La fotografia lo accompagna da sempre e diventa la voce principale del suo “io”, inizialmente in parallelo con la sua professione, ora a tempo pieno.
Nel 2007 segue Thich Nhat Hanh durante il suo ritorno in Vietnam dopo quasi 40 anni di esilio in Francia. Gira il Paese in ciclomotore. Trova nel viaggio e nello spostamento la sua unica vera ragione di “stabilità
Dice Edoardo “quando visito una città, amo fermarmi e guardare la gente, il movimento, cerco di capire cosa pulsa tra queste strade, tra quelle persone. Solo quando mi sento di aver colto l’anima del luogo decido di tenere l’immagine.
Si può scegliere una location, un momento , una luce particolare ma poi è la vita che si svolge davanti ai nostri occhi che determinerà il nostro scatto.
Inutile inseguire uno schema predisposto, il nostro scatto finale, quello che riconosceremo degno di essere “conservato” , sarà quello che racchiuderà un piccolo frammento di una storia che la luce sarà stata capace di porre in risalto di fronte ai nostri occhi”.